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la storia del colore

mr wolf

la storia del colore

Tanto tempo fa, ma non è una fiaba, in una certa fabbrica gli operai si lamentavano con il padrone per il freddo che sentivano nel locale mensa, un locale che aveva le pareti imbiancate con un tono di blu, e chiedevano di aumentare il riscaldamento.

Il padrone, non essendo di questa idea, fece invece dipingere le pareti con un tono di arancio: il risultato fu che non solo gli operai non avvertivano più il freddo, ma addirittura venne abbassato il riscaldamento.
Il colore è, per la mente, come le onde per il mare: agisce su di noi come la musica.

Ogni colore, che sia primario o secondario, suscita e rappresenta un’emozione o uno stato d’animo e può essere legato in particolare ad un evento. L’esperienza del colore è soggettiva e può rimandare alla cultura di appartenenza che suggerisce le personali percezioni su un determinato colore. Per esempio il giallo suscita qualcosa che irradia, come la luce del sole, mentre il blu qualcosa che racchiude, come l’universo.
Il rosso sembra invece in movimento ma su se stesso, come il fuoco o il sangue.

Nei differenti contesti socio-culturali i colori afferiscono a diversi significati ed occasioni in cui vengono utilizzati. Il bianco ad esempio può essere associato alla purezza, ma anche alla morte; il rosa che in origine in molte culture era legato alla sfera maschile poiché derivato dal rosso, colore che rimanda alla forza, è stato successivamente associato alla femminilità, come lo è stato il celeste per gli uomini, per motivi commerciali di marketing e vendita di prodotti.

Sembra inoltre che il colore trasformi le nostre percezioni. Kurt Goldstein, ricercatore americano, ha dimostrato che gli oggetti sembrano più grandi e pesanti sotto una luce rossa, più piccoli e leggeri con una luce blu.
La pubblicità è un messaggio complesso, costituito di molti fattori che interagiscono fra loro, dal punto di vista linguistico, compositivo e anche grafico. Uno degli elementi che sicuramente rappresenta un aspetto molto importante della comunicazione pubblicitaria è senz’altro il colore. La coerenza grafica e cromatica di immagini e testi rafforza l’identità del messaggio pubblicitario e ne facilita la memorizzazione. Con i colori, infatti, la pubblicità offre una specie di segnaletica che permette al fruitore di indirizzarsi intuitivamente e velocemente verso l’obiettivo di comunicazione che si vuole trasmettere.

La scelta del colore da usare in un’inserzione non può però essere né intuitiva né casuale. Spesso ci si ricollega al colore dominante nel prodotto o nel suo packaging, addirittura creando a volte una dominanza cromatica che diventa quasi sinonimo del prodotto stesso, o antonomasia di certi valori (pensiamo al rosso Ferrari ad esempio). Più spesso si sceglie una determinata cromia per esprimere determinate sensazioni. Il colore infatti rappresenta un vero e proprio codice informativo, anche esso veicola un linguaggio che si rivolge principalmente all’inconscio. Noi comunque siamo soliti legare certe sfumature a precise sensazioni e connessioni mentali, anche se apparentemente non ce ne rendiamo conto.
Rosso, blu, verde, giallo, colori, tinte, mondi che racchiudono anni di storia. Una lunghissima storia che comincia in tempi più antichi e arriva ai giorni nostri, incamerando nelle sfumature anni e anni di cambiamenti e rivoluzioni.

Esistono circa dieci milioni di sfumature diverse, senza contare quelle che solo alcuni animali possono vedere. Infatti il gatto e la civetta conoscono sfumature per noi inesistenti quali quelle della banda di luce dell’infrarosso, mentre le api vedono anche le tonalità dell’ultravioletto.
Il primissimo uso del colore risale a circa 70.000 anni fa, l’uomo di Neanderthal lo usava per accompagnare i defunti, li cospargeva di polvere ricavata dalla macinazione dell’ocra rossa, il colore del sangue.
Circa 50.000 anni fa invece l’homo sapiens iniziò ad usare il colore per fini artistici, l’arte parietale o arte rupestre veniva raffigurata usando nero, ocra rossa, gialla e bianco.

Molte teorie sono d’accordo sul fatto che l’uomo ha iniziato ad usare il colore in riferimento ai processi vitali, latte, escrementi, sanguinamento e ai fenomeni naturali come la luce e il buio, ecco perché i colori primevi per eccellenza sono il bianco (luce, latte), il nero (buio, escrementi) ed il rosso (sangue), sono quelli che ci stimolano più in profondità.
Inizialmente lo si estraeva dalle piante, era la natura a dare la possibilità di aggiungere un tocco in più al bianco e nero.
Il passaggio dalla tintura del proprio corpo o delle pitture rupestri alla tintura del tessuto ha segnato una fase fondamentale nella storia del colore, da quel momento infatti inizia l’estrazione del pigmento dai vegetali, i primi risultati di questa ricerca hanno visto la nascita del giallo, del rosso e del blu dai fiori e dalle piante.
L’evoluzione del colore ha poi visto estrazioni dal mondo animale (cocciniglia, molluschi) e minerale (lapislazzuli), arrivando così ai meravigliosi tessuti e ai dipinti del Medioevo e del Rinascimento.
Leonardo Da Vinci, iniziò con il colore ad olio un interessante studio sulla distinzione delle tinte prodotte dalla luce e dalle ombre.
Con i colori naturali un tempo si tingevano i filati, si realizzavano cosmetici e si dava una tinta alle pietanze.
La modernità negli anni ha cambiato le cose e ha visto la nascita dei colori sintetici.

La scoperta del primo colore sintetico sembra sia attribuita a William Henry Perkin, intorno al 1856, per produrre il viola.
Curiosando nel mondo dei colori, ai suoi usi e codici sociali, scopriamo che il salmone ad oggi è l’unico nome di animale utilizzato come vocabolo cromatico, che gli abiti da sposa non sono stati sempre bianchi o che l’arancione è uno dei colori meno amati nella società occidentale.
Oppure che nessuno si vestiva di blu nell’antica Roma, che i primi oggetti di design avevano tinte pastello, che la Maglia Gialla ha contribuito a rivalutarne il colore e che la notte può avere molteplici sfumature.
I colori sono parte essenziale della nostra esistenza, ci circondano, ogni persona ha un suo colore preferito.

Alla domanda Perché è importante studiare la storia del colore? Pastoureau rispose:
“Il principale compito del colore è di classificare, associare, di creare codici e sistemi di segni proprio nello stesso modo in cui in ufficio si classificano i documenti in faldoni rossi, blu, verdi o gialli. L’abbigliamento per esempio ha un codice a colori che classifica i gruppi, gli individui, le società intere. Il mio lavoro si occupa quindi del rapporto fra i colori e la società, perché non è possibile comprendere i colori del tempo presente se non in relazione a quelli delle epoche passate”.

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