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Neuromarketing

mr wolf

Neuromarketing

Il termine Neuromarketing è stato coniato dal ricercatore olandese Ale Smidst nel 2002.

Nasce dal bisogno di capire quali fossero i meccanismi che caratterizzassero i processi decisionali del consumatore. 

Lo stesso creatore lo definisce come “l’insieme delle tecniche di identificazione dei meccanismi cerebrali orientate a una maggiore comprensione del comportamento del consumatore per l’elaborazione di più efficaci strategie di marketing”.

Secondo il neuromarketing, i processi decisionali avvengono per la maggior parte in maniera automatica e senza consapevolezza del consumatore. Per avere indicazioni attendibili sulle reali motivazioni del consumatore, è necessario monitorare l’attività cerebrale del soggetto durante l’esecuzione di un acquisto o di un compito attraverso la moderna strumentazione scientifica.

Gli strumenti e i metodi neuroscientifici utilizzati nella ricerca sono:

  • Eye Tracking: tecnica che consente di registrare la dilatazione e la contrazione delle pupille in relazione alle diverse emozioni provate 
  • Elettroencefalografia: permette di misurare e registrare l’attività elettrica cerebrale in relazione alla presentazione di determinati stimoli pubblicitari 
  • FMRI o risonanza magnetica funzionale: individua le aeree che si attivano in relazioni a stimoli specifici 
  • Attività elettrodermica: misura la variazione della sudorazione in seguito alla visione di stimoli 
  • Rivelazioni Biometiche: misurano il battito cardiaco, in relazione alle risposte emotive 
  • Facial Coding : permette di interpretare la mimica facciale relativa alle emozioni esperite in relazione a determinati stimoli 

Negli anni ’60, Paul MacLean formulò la teoria del Triune Brain, che tutt’oggi è il modello neuro scientifico principalmente utilizzato. Il cervello è considerato come una sovrapposizione di tre strutture semi-indipendenti, in continua competizione tra loro:

  • Cervello Rettiliano, detto anche R-complex o vecchio cervello. È associato all’aggressività, all’istinto territoriale, e responsabile degli impulsi istintivi associati alle funzioni vitali e di sopravvivenza
  • Il Cervello limbico o cervello mammifero Emotomentale. È costituito da amigdala, ipotalamo e corteccia cingolata, collegate alla gestione delle emozioni e degli affetti 
  • Il Neocervello o nuovo cervello. È associato alle funzioni cognitive di ordine superiore, quali il linguaggio, il ragionamento astratto e l’autoconsapevolezza.

Stephen Kosslyn e Wayne G. Miller propongono la Teoria delle Modalità Cognitive, secondo la quale, a seconda di quali parti del cervello si attivano, si creano quattro modalità principali di pensiero, che determinano 4 identità di consumatore:

  • Mover-Dinamico: si utilizza in modo alternato sia il cervello alto che basso. In questo modo si pianifica a lungo termine con azioni costanti e con conseguenze positive, ma non immediate delle azioni. È la modalità caratterizzante di chi è propenso a diventare un Leader
  • Perceiver-Riflessivo : vi è l’utilizzo del cervello basso. I soggetti sono quindi schivi , poco inclini ad apparire sotto i riflettori. Sono quegli individui che apparentemente sono poco significativi, ma, invece, sono molto utili perché caratterizzati dalla riflessività e ponderatezza
  • Stimulator-Creativo : vi è un uso intenso del cervello alto . Gli stimolatori sanno realizzare progetti complessi, spinti da grandi impulsi emozionali. L’adattabilità ai cambiamenti risulta difficile per una scarsa capacità di modifica dei progetti quando cambiano le situazioni. 

Sanno essere creativi e originali, ma rischiano di non fermarsi in tempo

  • Adaptor- Elastico: scarso uso del cervello basso e alto.  Questi individui vivono il momento presente senza mettere in essere progetti a lungo termine. Sono spesso giudicati spiritosi e vivaci perché sanno sdrammatizzare e sono ottimi soggetti di un team.  L’adattabilità al contesto è la caratteristica chiave. 

Il primo Test che si è servito di queste tecniche è stato il Pepsi Challenge Test. 

Parliamo di un Blind Test, dove, attraverso la tecnica del Brain Imaging, i ricercatori potevamo visualizzare l’attività cerebrale attraverso immagini strutturali e funzionali del cervello in azione durante l’esposizione ad uno stimolo.

I consumatori sono stati sottoposti ad una preferenza tra due bevande (Coca-cola e Pepsi), senza mostrare il brand. Ne è emerso che la preferenza tra i due marchi era la Pepsi-Cola. Le analisi FMRI effettuate hanno individuato l’attivazione del Putamen, una componente dello striato compresa nel sistema di ricompensa (Reward System), responsabile delle sensazioni di piacere e di benessere. Quando le aree anatomiche che corrispondono a questo sistema vengono stimolate, come in questo caso, viene prodotto un aumento della dopamina. Questo neurotrasmettitore ci spinge a ripetere l’azione in modo da ottenere la conseguente “ricompensa”, cioè la sensazione di piacere provata.

Il risultato era chiaro: una maggiore attivazione del Putamen dovuta al consumo della Pepsi, rispetto a quello della Coca-Cola, dimostrava che il primo gusto veniva preferito perché arrecava nei consumatori una sensazione di piacere più grande.

Successivamente fu mostrato il brand prima di esprimere una preferenza, e il 75% dei partecipanti dichiarò di preferire la Coca-Cola. In tale occasione è stata rilevata l’attivazione della corteccia prefrontale, che si occupa dei processi relativi a giudizio, valutazione e decisione. Questi processi cognitivi di ordine superiore si sovrapponevano alla sensazione di ricompensa immediata evocata dal sapore della Pepsi. Nella mente dei consumatori la Coca-Cola veniva associata a una serie di valori, memorie e a un intero immaginario costruito attraverso gli anni, cosa che condizionava la loro scelta ma anche la loro percezione del prodotto.

 Il Pepsi Test ha dimostrato infatti che, nonostante una ricompensa fisiologica inferiore, il ricordo (esplicito ed implicito), insieme alla conoscenza dell’affidabilità di un determinato brand influisce sulle scelte decisionali del consumatore.

Ecco quindi che molte aziende stanno sperimentando ormai da un po’ di tempo, all’interno delle loro strategie di marketing questa disciplina, cercando di scovare il grado di soddisfazione del cliente. Riuscire ad intercettare i bisogni reali dei consumatori e le loro emozioni, porta ad affinare la strategia di vendita di un’azienda.