
STORIA DI GRAFICI: GIOVANNI PINTORI
Giovanni Pintori (1912–1999) è stato uno dei più grandi grafici italiani del Novecento, noto soprattutto per il suo lavoro con Olivetti, azienda con cui rivoluzionò il modo di comunicare il design e la tecnologia attraverso l’arte grafica. Nato a Tresnuraghes, in Sardegna, si formò all’Istituto Superiore per le Industrie Artistiche di Monza, dove maturò una sensibilità visiva razionale e raffinata, influenzata dal Bauhaus e dal costruttivismo.
La svolta Olivetti
Nel 1936 entra nell’ufficio pubblicità della Olivetti, dove inizia un sodalizio destinato a cambiare per sempre la comunicazione aziendale. Adriano Olivetti lo volle come responsabile dell’immagine della società: un ruolo chiave in cui Pintori seppe coniugare rigore progettuale, minimalismo e una profonda sensibilità artistica.
Le sue pubblicità non si limitavano a vendere macchine da scrivere o calcolatrici: erano vere e proprie opere visive, capaci di raccontare l’identità e i valori della Olivetti: innovazione, eleganza, precisione.
Uno stile inconfondibile
Il linguaggio visivo di Pintori è fatto di geometrie essenziali, segni astratti, uso sapiente dei pieni e dei vuoti. Nei suoi manifesti, gli oggetti si riducono all’idea, diventano simbolo. Il prodotto è presente, ma non invadente. La bellezza è nel pensiero visivo, nella composizione.
Tra i manifesti più iconici:
- “Lettera 22” (1950s) – dove la macchina da scrivere è quasi nascosta dietro una griglia astratta: “La funzionalità non ha bisogno di gridare.”
- “Olivetti Divisumma 24” – in cui i numeri fluttuano nello spazio, a simboleggiare leggerezza e precisione: “La logica si fa forma.”
- “Olivetti Elettrosumma” – geometrie colorate che esprimono ritmo e modernità: “Non è la macchina a contare, è la mente che la guida.”
Queste frasi non erano davvero slogan ufficiali, ma sintetizzano il messaggio silenzioso e potente dei suoi lavori: una comunicazione fatta più di sottrazione che di decorazione.
Olivetti e Pintori: un esempio senza eredi
Il lavoro di Pintori non si può separare dalla visione di Adriano Olivetti, che vedeva l’impresa come motore culturale e sociale. In questo contesto, la grafica non era solo pubblicità, ma parte della missione etica dell’azienda. Dopo il 1967, Pintori lasciò Olivetti, ma continuò a lavorare come freelance e artista. La sua eredità rimane oggi più attuale che mai: in un’epoca satura di immagini urlate, il suo silenzio visivo parla ancora forte.